IL TRADITO PUO’ ESSERE UN INGENUO,

MA IL TRADITORE E’ SEMPRE E COMUNQUE UN INFAME


mercoledì


Qualcuno era fascista perché era nato a Littoria

Qualcuno era fascista perché il nonno lo zio il papà… anche la mamma

Qualcuno era fascista perché la Russia era un gulag, la Cina troppo vicina, e “il sole non sorge più ad est”

Qualcuno era fascista perché si sentiva “In un mondo che non ci vuole più…”

Qualcuno era fascista perché aveva avuto un’educazione… un’educazione… aveva avuto un’educazione?

Qualcuno era fascista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura e tutta l’intellighenzia  italiota esigevano… di essere antifascisti

Qualcuno era fascista perché lo sapeva lui il perché

Qualcuno era fascista ma non lo sapeva

Qualcuno era fascista perché prima… prima… prima… era stato Ghibellino

Qualcuno era fascista perché i comunisti: “Veniamo da lontano e andiamo lontano…” e meno male che siete solo di passaggio

Qualcuno era fascista perché non è vero che Almirante era un fucilatore

Qualcuno era fascista perché Berlinguer è marchese, c’ha mezza Sardegna e c’ha pure er coraggio de parlà’ in nome del proletariato

Qualcuno era fascista perché era ricco e gli altri… gli altri: “Aho! ma che me frega  a me degli altri: chi vo’ dio se lo prega da sé”

Qualcuno era fascista perché beveva vino e si commuoveva ricordando le oceaniche adunate

Qualcuno era fascista perché non credeva in Dio ma, ormai: “Soltanto un Dio ci può salvare”

Qualcuno era fascista perché “…ma che cazzo vogliono ‘sti operai?”

Qualcuno era fascista perché aveva letto “L’operaio”

Qualcuno era fascista perché il padrone l’aumento di stipendio glielo aveva promesso sulla tomba del duce

Qualcuno era fascista perché la rivoluzione oggi forse no, ma “il domani appartiene [sicuramente] a noi”

Qualcuno era fascista perché “Dio, patria e famiglia… ostia”

Qualcuno era fascista per far rabbia al padre  ex partigiano

Qualcuno era fascista perché la TV è l’occhio del Grande fratello

Qualcuno era fascista perché odiava le mode, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione

Qualcuno era fascista perché “la proprietà privata è sacra…”

Qualcuno era fascista proprio perché voleva diventare proprietario

Qualcuno era fascista perché aveva scambiato il Manifesto di Verona per i Dieci Comandamenti

Qualcuno era fascista perché era convinto che la classe operaia aveva preso un abbaglio

Qualcuno era fascista perché: “Tutto nello Stato. Tutto per lo Stato. Nulla contro lo Stato”

Qualcuno era fascista perché era un impiegato dello Stato

Qualcuno era fascista perché “se stava mejo quando se stava peggio…”

Qualcuno era fascista perché a furia di tapparsi il naso e votare D.C. aveva rischiato di soffocare

Qualcuno era fascista perché quella che chiamano democrazia è una truffa  tragica  e oscena

Qualcuno era fascista perché aveva capito che gli americani confondevano la libertà con il libero mercato

Qualcuno era fascista perché sognava l’Europa dei popoli, non delle banche

Qualcuno era fascista perché c’era il grande partito comunista

Qualcuno era fascista malgrado ci fosse il partito comunista armato

Qualcuno era fascista perché era contro…  era contro…  e basta

Qualcuno era fascista perché più fascista di così si muore

Qualcuno era fascista perché “Uccidere i fascisti non è reato”…e, infatti, Acca Larenzia, i fratelli Mattei, Michele Mantakas, Paolo Di Nella, Mario Zicchieri, Angelo Pistolesi, Sergio Ramelli… eccetera eccetera eccetera

Qualcuno… qualcuno diceva di essere fascista e invece era qualcos’altro

Qualcuno era fascista perché “Una vita felice è impossibile. Il massimo a cui un uomo può aspirare è una vita eroica”

Qualcuno era fascista di sinistra perché quelli di destra volevano l’ordine e lui, invece, prima di tutto voleva la socializzazione

Perché sentiva la necessità di rivoltarsi contro il mondo moderno

Perché forse non voleva niente ma lo voleva con tutte le sue forze

Sì, qualcuno era fascista perché si voleva sentire al di là di se stesso. Al di là della personale fatica ad esistere. Perché si sentiva parte di qualcosa che esisteva prima, molto prima del fascismo. E andava oltre. Era una generazione nata con le ali bruciate che sognava di risorgere dalle proprie ceneri…

No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti sognavano le ali solo per potersele amputare da soli…. O di amputare, il che è peggio, quelle degli altri.

E ora? Anche ora si va oltre. Ma in direzioni opposte. Da una parte chi attraversa  obliquo lo squallore di un potere fine a se stesso e, dall’altra, l’araba fenice che alla fine si accontenta di volare solo come cenere nel vento perché non può più neanche permettersi il sogno delle sue ali.
Due miserie opposte… precipitate dalla stessa maledettissima storia.

Miro Renzaglia
Tratto da VIVAMAFARKA




COME E’ STATO TRADITO (ANCHE) GIORGIO ALMIRANTE
CREDEVO…, PENSAVO…SPERAVO. INVECE: CHE DELUSIONE…
Dedicato ai “signori di Fiuggi” –L’ otto settembre è giorno memorando/volta la fronte all’ invasor nefando l’ Italia con l’ antico suo valore alla vittoria guidò il vincitore-
(C. Malaparte)

Sì, credevo; credevo che i delegati al Congresso del MSI di Fiuggi del gennaio 1995, dopo aver letto le “Tesi Programmatiche di A.N.” avrebbero preso a fischi “l’ideatore” di quella mascalzonata. Invece: che delusione!
Credevo che dopo la dichiarazione di quel Gianfranco Fini, di trascinare A.N. nel Partito Popolare Europeo (democristiano), ci sarebbe stata una sollevazione popolare. Invece…
Amico lettore che hai la pazienza di leggermi, dimmi se “quello” è un uomo. Mi correggo: “se quelli sono uomini”, e mi riferisco, oltre al moderno “Giuda” anche ai vari Alemanno, La Russa e altri immorali personaggi che costellano il firmamento dei futuri democristiani del P.P.E..
Giorgio Almirante, e lo voglio ancora ricordare, poco prima di morire lanciò questo ammonimento: (…) e un’altra cosa voglio dirvi in questa specie di testamento politico, attenzione alla storicizzazione del Fascismo! (…). Perché questa non sarebbe storicizzazione: sarebbe la liquidazione del Fascismo! IL FASCISMO NON E’ DIETRO LE NOSTRE SPALLE: IL FASCISMO E’ DAVANTI A NOI!. Questo è il sunto del testamento politico lasciato da Giorgio Almirante nel 1987. Per “Noi” sono parole sacrosante.
Il 17 novembre 1986, due anni prima della sua morte, Giorgio Almirante scrisse una lettera all’on. Cristina Moscardini, dove fra l’altro si legge: Puoi stare certa che il mio ultimo respiro sarà fascista, nel nostro senso del termine. Perché, per me, per noi, si tratta della battaglia di tutta la nostra vita.
Poi, quasi presago di quel che poteva accadere dopo la sua morte, così terminò: .
Il 22 maggio 1988 il “delfino” del vecchio Segretario del MSI, Gianfranco Fini, in occasione del funerale, poggiata la mano sul feretro del suo maestro, solennemente giurò con queste parole, riportate poi sul “Secolo d’Italia” del successivo 23 maggio: Lo faremo, Almirante! Te lo giuriamo col cuore gonfio di dolore, ma con l’animo colmo di fierezza per essere stati con te in tutti questi anni meravigliosi e terribili nei quali tu ci hai insegnato che le prove più difficili possono e debbono essere vinte (…)
Dopo queste parole, quell' uomo, che chi scrive queste note disprezza solennemente, osò aggiungere, sempre rivolgendosi agli insegnamenti di Giorgio Almirante:la prova della scissione di palazzo quando i trenta denari della corruzione piegarono i vili (…). Tu Almirante ci hai consegnato un partito forte, orgoglioso e pulito. E forti, orgogliosi e puliti, come tu, col tuo esempio mirabile ci hai insegnato ad essere, andremo avanti insieme con te.
Tratteggiamo ora il percorso del novello Segretario, di quello dei : 1988, è orgoglioso di consegnare la tessera del MSI a Le Pen; 1990, dichiara che il Fascismo non è mai morto; 1992, capeggia la più grande manifestazione a Roma di “fascisti” (la polizia ha indicato la cifra in 70 mila missini in piazza); 1993, definisce Mussolini il più grande statista del secolo. Sempre in quell’anno dopo la grande vittoria del MSI (solo contro tutti gli altri partiti coalizzati, sinistra e destra), “stranamente” si reca a Londra e a New York, note sedi della Massoneria, la grande nemica del Fascismo, e torna antifascista. 18 giugno 1994, rilascia a “Le Monde” un’intervista nella quale, fra l’altro, disse: , 1995, seppellisce il MSI con l’infame “operazione di Fiuggi”, presenta le aberranti “Tesi Programmatiche” e attesta che , 1996, chiede perdono agli ebrei per gli orrori commessi da Fascismo (forse intendeva parlare di “errori” commessi da Mussolini per aver salvato gli ebrei); 1997, , 1998, fa sapere che bisogna condannare il Fascismo in ogni sua forma, 1999, solennemente dichiara che , 2000, ; 2002, il contrordine: “Mussolini non è mai stato il più grande statista”; 2003, definisce Mussolini e il Fascismo il male assoluto.
Questo è, ovviamente, un breve sommario del tragitto di Gianfranco Fini il quale, come già accennato, porterà i signori di A.N. nel P.P.E.. E intanto “lui” siede sul più alto scranno del Parlamento italiano; ma è solo un passaggio, perché l’ambizione di questo personaggio non ha limiti. E nella corsa è sorretto da individui altrettanto immorali e privi di scrupoli.
Il bravissimo Pietro Cappellari mi ha inviato una mail nella quale riporta alcune parti di un’intervista rilasciata da Gianni Alemanno al “Sundey Times”. E’ un capolavoro di meschinità e ipocrisie degne del Gianfranco Fini.
A te lettore il giudizio. Al “Sundey Times” Gianni Alemanno, in occasione della vittoria nella corsa al Campidoglio, ha dichiarato: . Poi, dato che il candido mondo italiano è diviso tra “cattivi” e “buoni”, una linea che parte da circa settant’anni fa, dove i “buoni” sono gli antifascisti e i “cattivi”, è ovvio, sono i fascisti, Alemanno, con una serie di contorsioni cerca di rientrare nella categoria dei “buoni” ed ecco la tecnica seguita. Del resto Alemanno è nato molti anni dopo la fine del ventennio. Dunque non può essere stato né fascista, né ex fascista. Semmai può essere definito ex missino che è altra cosa (scusate, ma il MSI non era un Movimento di chiara impostazione fascista? n.d.a.). Ex fascisti sono coloro che aderirono al PNF durante il regime, magari da giovani ai Littoriali. E la danza del ventre di Alemanno continua su questa linea. Al che Pietro Cappellari, giustamente risponde: “Alemanno era fascista e come. Me lo ricordo cosa diceva ai tempi del MSI, ai tempi del suo arresto a Nettuno per aver interrotto il corteo presidenziale statunitense. Certo, errori di gioventù dirà qualcuno… Ma certo senza quegli errori il caro amico non sarebbe mai salito nella gerarchia politica del MSI che, poi, lo proiettarono al gota del firmamento democratico. Una volta tutto ciò si chiamava tradimento, ma oggi di certo non fa testo, questo è solamente “stile”, “opportunità”. Uno stile che comunque mi fa schifo”.
Caro Cappellari, una volta le parole avevano un senso, una volta, non oggi. “Una volta” l’operazione Fiuggi sarebbe stata chiamata “tradimento”, oggi può essere definita: “operazione democratica”. Ma sempre “schifo” fa, almeno a chi scrive queste note e a Pietro Cappellari. E Cappellari continua: Incredibile la giustificazione che una persona  essendo nata dopo il Ventennio non può essere fascista. Ma ci prendete in giro? Allora nessuno può definirsi cristiano perché è nato dopo la morte di Gesù Cristo?”.
Ho letto da qualche parte che lo sport italiano di accorrere in aiuto del vincitore dipende dal fatto che non vuol essere lasciato indietro, cioè che vuole essere partecipe della storia.
Caro Pietro, vorrà dire che “Noi” non siamo italiani; d’altra parte aver per compatrioti simili personaggi non è una grande perdita.
 Avrei voluto concludere con un “credevo”…, ma è troppo tardi, concludo, più appropriatamente, con un:“che schifo”!!!

Filippo Giannini
Il 17 novembre 1986, due anni prima della sua morte, Giorgio Almirante scrisse una lettera all’on. Cristina Moscardini, dove fra l’altro si legge: Puoi stare certa che il mio ultimo respiro sarà fascista, nel nostro senso del termine. Perché, per me, per noi, si tratta della battaglia di tutta la nostra vita.



29 luglio 1983, Predappio
 centenario della nascita di Benito Mussolini. 
Vittorio Mussolini accompagnato da Fini e Almirante. 


RICORDO DI ALMIRANTE
(di Gianfranco Fini)

IL CAMMINO CONTINUA
E’ morto un grande italiano. Un italiano di quella Italia che ha dato al mondo Dante, il “suo” Dante, Macchiavelli, San Benedetto, che ha dato i filosofi più profondi, i legislatori più sapienti, i capitani più ardimentosi, gli esploratori più intraprendenti, i santi più universali.; un italiano di di quella Italia che ha percorso il mondo, che lo ha incivilito, che ne ha sterrato le pietre aridi facendole diventare giardini fecondi, che ha versato il suo sudore e il suo sangue a Nord, a Sud a Est e a Ovest, nelle Americhe e in Russia, in Africa e in Australia non meno che in Europa, che ha navigato su tutti i mari, che ha gettato le ancore delle sue navi in tutti i porti; un italiano di quella Italia del lavoro operoso e dell’intelligenza acuta, della disciplina e del avventura, dei migranti e dei mercanti, dei contadini e degli artigiani, dei costruttori e degli scienziati, degli artisti e dei poeti; di quell’ Italia ghibellina e schietta che ha costruito la civiltà dei nostri Comuni, delle nostre contrade sassose e fiorite, che ha fabbricato villaggi e metropoli, che ha eretto le torri civiche accanto ai campanili solenni delle nostre mille e mille città, un italiano di quella Italia invasa, spezzettata, devastata, offesa, insultata, umiliata, calpestata dai barbari antichi e nuovi; di quella Italia dignitosa nella schiavitù, coraggiosa nella sfortuna, serena nelle avversità, clemente nella fortuna e misurata nella gloria; di questa Italia oppressa e ricattata che ci portiamo nella carne e nel sangue. Giorgio Almirante era il campione di questa Italia. Era un italiano coerente, tenace, pulito, coraggioso. E’ stato uno dei più grandi protagonisti della storia, non solo politica, di questa Italia che anche lui si ostinava a chiamare “adorabile”. L’ ha percorsa tutta come un apostolo instancabile dell’ idea che egli, con un pugno di coraggiosi, ha rialzato quando la sconfitta l’ aveva gettata a terra. Le ha parlato con quella parola ineguagliabile che era un dono di Dio, con quella voce dolcissima che mai potrò dimenticare. L ‘ha accarezzata con quei suoi occhi celesti e puliti che qui ancora ci guardano. L’ ha attraversata tutta, villaggio per villaggio, città per città, contrada per contrada, valle per valle, per 40 lunghissimi anni, con, in alto, altissima, LA BANDIERA PULITA E STUPENDA DELL’ ONORE E DELLA FEDELTA’ AL SUO FASCISMO, CHE OGGI E’ IL NOSTRO, fedeltà alle alle radici che sono le radici di un Popolo e non di una sua parte, che “sono” la Storia di questa gente meravigliosa che lui ha tanto amato anche quando la legge della fazione la scagliava contro questo partito suo e nostro. E’ morto un uomo che non può morire. Un uomo che ci HA CONSEGNATO QUELLA IDEA, QUELLA BANDIERA, QUELL’ ONORE E CHE IN QUESTO MOMENTO CI DICE DI DOVER ANDARE AVANTI. LO FAREMO, ALMIRANTE. TE LO GIURIAMO COL CUORE GONFIO DI DOLORE, ma con l’ animo colmo di fierezza per essere stati con te in tutti questi anni meravigliosi e terribili nei quali tu ci hai insegnato che le prove più difficili possono e debbono essere vinte.
Tu, Almirante, hai vinto la prova della persecuzione dei primi anni ’70 quando il regime voleva imbavagliarti. Hai vinto la prova del terrorismo che nell’ arco di tredici anni ha ucciso 20 tuoi e nostri ragazzi, dai fratelli Mattei a Ugo Venturini, da Carlo Falvella e Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci. Hai Vinto la prova della scissione di “palazzo” , quando i trenta danari della corruzione piegarono i vili. Tu, Almirante hai vinto tutto questo e ci hai consegnato un partito forte, orgoglioso e pulito.
E, forti, coraggiosi e puliti, come tu, col tuo esempio mirabile, ci hai insegnato ad essere, andremo avanti insieme con te. Perché tu, Almirante non ci lasci. Tu resti fra noi, alla nostra testa, in piedi, come sei sempre vissuto. Grazie per quello che ci hai consegnato. Grazie per quello che mi hai insegnato.

Da “Il Secolo d’ Italia” – 23 Maggio 1988



FUNERALE DEI FRATELLI MATTEI

E' difficile parlare di chi non c'è più, di chi ha dato la vita per quell'ideale in cui tutti noi crediamo, di chi è stato capace di sacrificare la propria giovinezza in nome di qualcosa di più alto, di più luminoso, di più vero.
E' difficile perché qualunque parola sembra inappropriata se usata per descrivere il gesto di ragazzi come noi, che per il solo fatto di aver scelto quella che molti hanno chiamato e continuano a chiamare la "strada sbagliata", quella più difficile, sono morti a vent'anni.
E' difficile perché di fronte al sacrificio estremo spesso ci si sente estremamente piccoli e inadeguati e qualunque cosa si dica o si faccia sembra sciocca. E' difficile, ma noi vogliamo provarci lo stesso, seguendo quel filo rosso che ci lega a chi ha percorso prima di noi la strada sulla quale stiamo camminando.
Quello che vogliamo dire a Franco, Francesco, Stefano, Alberto e a tutti quelli che sono con loro nella verde valle lontana e senza tempo dalla quale ci stanno guardando, è che noi ci siamo. Con tutte le nostre debolezze, con la stanchezza e lo scoraggiamento che a volte si fanno davvero pesanti, con piccoli sacrifici quotidiani, che non sono niente se paragonati al loro.
Ci siamo, e continuiamo, nel nostro mondo e nel nostro tempo, a percorrere la strada che prima di noi ha visto i loro passi svelti attraversare la vita, consapevoli del fatto che abbiamo scelto di vivere un ideale che va oltre il tempo e oltre la storia, un ideale che ha vissuto in loro e che ora vive in noi.
Ci siamo, e sappiamo che in ogni semplicissimo atto della militanza di ogni giorno, come un'affissione, un volantinaggio, una riunione, un'assemblea, ci sono con noi anche loro.
C'è chi il sangue è chiamato a versarlo tutto insieme e chi goccia a goccia: quando ci sentiamo stanchi e scoraggiati, quando ci assalgono i dubbi sulla scelta della militanza, sarà sufficiente pensare a chi, ragazzo di vent'anni come noi, ha versato il suo sangue tutto insieme e ci ha lasciato il dono più prezioso che si possa mai ricevere: un esempio da seguire.

Lo Specchio - 11 maggio 1975 


1977 SETTEMBRE
Campo scuola MSI Sperlonga - Angelo Mancia il secondo da destra

 1977 SETTEMBRE
Campo scuola MSI Sperlonga - Francesco Ciavattail terzo da destra

"Camerata è più che Amico. Camerata è più che Fratello. Camerata vuole dire essere dello stesso Sangue, della stessa Mente, della stessa Anima, della stessa Fede! Per questo non c’è posto tra Camerati per riserve mentali, per sospetti, per maliziose interpretazioni, per invidie, per prevenzione, per supponenza. Tra Camerati deve esserci la Fiducia, il pregiudizio positivo, la Stima, l’Affetto, il Sostegno che fanno del rapporto un rapporto esclusivo e simile a nessun altro. Tra Camerati deve essere esclusa la prevaricazione, la censura, il volere superare, la sete di dominio perché tra Camerati ci si deve sentire “pari tra i pari” al di là delle Gerarchie ed al di là anche del valore di ciascuno nel contesto di una “impersonalità attiva” che fa sentire ciascuno una parte di un tutto! Tra Camerati non debbono servire barriere protettive perché non ci deve essere nessun pericolo di aggressione né verbale, né psicologica. Tra Camerati si può dissentire, ma senza acrimonia, si può non concordare, ma senza partito preso, si può discutere, ma senza animosità perché tra Camerati deve essere più forte il desiderio di trovare una sintesi costruttiva, un accordo che non quello di volere avere ragione ad ogni costo e perché tra Camerati deve esistere quell’affinità delle anime che nasce dalla condivisione profonda della Visione del mondo e della vita. Se tutto questo non c’è, allora significa che non c’è Cameratismo, ma solamente un’occasionale convergenza di posizioni scaturite da un occasionale e superficiale  incontro che non ha Radici Profonde. Se tutto questo non c’è significa che si è dei conoscenti, si può essere perfino Amici, ma non si è Camerati. "